Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.
1) Localizzazione
L’Infinito di Giacomo Leopardi è stato tratto dalla raccolta degli Idilli, scritto nel periodo leopardiano del pessimismo storico agli inizi dell’Ottocento. Fa parte del movimento culturale del Romanticismo.
2) Tema e struttura
Da quello che dice la poesia, Leopardi la scrisse su una collina isolata, davanti ad una siepe che ostruiva la maggior parte dell’orizzonte. Dietro questa siepe, Leopardi immagina cosa ci possa essere: immagina spazi infiniti, sovrumani silenzi e calma assoluta e in mezzo a questi pensieri il suo cuore si perde. Inizia a confrontare il silenzio che immagina al rumore del vento che sente e comincia a pensare alle stagioni passate e a quelle presenti e ai loro suoni. Alla fine della poesia, Leopardi afferma che gli piace perdersi in questi pensieri.
3) Stile letterario
Si tratta di un poema composto da 15 versi endecasillabi. Lo schema delle rime è libero. Nel poema troviamo diversi enjambement (v 2-3; v 4-5; v 7-8; v 8-9; 9-10; v 12-13; v 13-14) che, secondo me, servono a sottolineare meglio i temi principali del testo come gli ‘interminati spazi’ e i ‘sovrumani silenzi’. Possiamo notare la presenza continua della consonante ‘s’ per trasmetterci il silenzio dell’infinito contrapposto al rumore del vento che sibila sulla collina. Al quarto verso troviamo due verbi al tempo gerundio (sedendo e mirando) per dare l’impressione che l’azione stia avvenendo in quel preciso momento. Troviamo svariate volte aggettivi dimostrativi come ‘questo’ e ‘quello’ che servono a comparare l’infinito silenzio al rumore del vento. Nel componimento si ripete due volte lo schema “sensazione, fantasia, sentimento”. Nella prima parte incontriamo una sensazione visiva (sguardo impedito dalla siepe), la fantasia (immaginazione di mondi sterminati e silenziosi), il sentimento ("ove per poco il cor non si spaura"). Nella seconda parte troviamo una sensazione uditiva (vento che stormisce tra le piante), la fantasia (eternità, trascorrere del tempo), il sentimento ("e il naufragar m'è dolce in questo mare").
4) Valutazione
Questa poesia mi è piaciuta perché compara l’infinito silenzio a un rumore concreto del vento. Mi ha fatto pensare al fatto che noi possiamo immaginare delle cose e perderci nei nostri pensieri, ma qualcosa ci fa sempre tornare alla realtà e al fatto che da questa non si può scappare. Sarebbe bello avere un mondo tutto per sé e poter fare tutto quello che si vuole immaginando e fantasticando sulla nostra vita, ma questo purtroppo non è possibile. Mi ha fatto ricordare a quando vado in montagna e passeggio da sola nel bosco, ascoltando ogni singolo rumore, da quello dei miei passi, a quello degli uccelli che cantano, al fruscio delle foglie degli alberi che cadono sul terreno. Il concetto di infinito lo paragono all’immaginazione, qualcosa di astratto che non si può percepire con i cinque sensi, ma si può solo sognare.
Laura Marchini
Nessun commento:
Posta un commento