Meriggiare pallido e assorto,
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi,
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dal calvi picchi
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
1) Localizzazione:
Meriggiare pallido e assorto è una poesia di Eugenio Montale, poeta del Novecento.
Questa poesia, composta nel 1916, fa parte della stessa raccolta di Spesso il male di vivere, cioè Ossi di Seppia (1925)
2) Tema e struttura:
Il tema principale è l'infelicità dell'uomo. In questa poesia, Montale sta passeggiando in mezzo alla natura della sua Liguria e si domanda se l'esistenza nasconda un significato segreto.
3) Stile letterario:
Si tratta di una poesia divisa in quattro strofe: tre quartine e una strofa di cinque versi, che comprendono novenari, decasillabi ed endecasillabi.
Dal punta di vista fonetico possiamo notare la presenza della consonante S, che è anche detta “sibilante” e ha un valore onomatopeico perché riproduce i caratteristici versi dei merli, vibranti e secchi come piccoli scoppi.
Dal punto di vista morfologico troviamo, nella prima strofa, verbi all'infinito. Nella seconda ha utilizzato il presente; nella terza li usa entrambi.
Il poeta, in questa poesia, racconta ciò che vede lungo il suo cammino e guarda il lato infelice di ogni cosa. Notiamo, inoltre, che usa le 2 sfere sensoriali: l'udito e la vista.
Il senso dell'udito possiamo trovarlo al verso 4 e al verso 11, quello della vista al verso 6 e 9.
4) Valutazione:
Questa poesia mi è piaciuta molto perché mi fa pensare alla natura, immaginandomi ciò che vede il poeta mentre passeggia.
Chiara Cerone
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