mercoledì 27 maggio 2015

Salvatore Quasimodo - Milano, agosto 1943











Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s'è udito l'ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l'usignolo
è caduto dall'antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta.

ANALISI

Nell’agosto del 1943, violenti bombardamenti colpiscono Milano. L’abituale immagine della città, fervida di vita e di lavoro, viene sconvolta: dappertutto si osservano segni di violenza, di distruzione e di morte. 
L’opera è tratta dalla composizione “Giorno dopo giorno” del 1947. Il testo è costituito da tre sequenze: il bombardamento, che ha portato solo distruzione, il silenzio di morte, non turbato da nulla, lo smarrimento impotente e la disperazione. La composizione è breve, costituito da una sola strofa, i versi sono liberi, di varie misure, con assonanze. Le frasi rispettano un ordine sintattico abbastanza regolare, le parole sono semplici, comuni, vicine al parlato. Le immagini sono forti e reali. 
Il poeta non canta più l’angoscia individuale, ma il dolore di un popolo. Per descrivere questa situazione, il poeta non punta sulle raffinate elaborazioni linguistiche e analogiche tipiche dell’Ermetismo, ma su tecniche più tradizionali: la ripetizione (“morta”), la simmetria (“non scavate, non toccate”), la sottolineatura di certi effetti (“così … gonfi”). 
(Arianna Pianezze)

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